Il diritto alla riservatezza da una parte, dall’altra il diritto alla salute. Nell’era in cui i dibattiti si muovono
a colpi di like e condivisioni, nella nuova agorà delle bacheche virtuali facciamo i conti con strategie e azioni che rischiano di creare cortocircuiti all’interno della stessa società.
In attesa dell’introduzione dell’obbligatorietà del vaccino anticovid, ci si muove tra assurde prese di posizione che rischiano di impoverire ancora di più il dibattito culturale della nostra società.
Quanto avvenuto in Sicilia svela un quadro abbastanza interessante – e inquietante – dal punto di vista delle riflessioni che ne possono scaturire. Il presidente della regione, Nello Musumeci, ha avviato iniziative che puntano a sensibilizzare quelle categorie, quelle persone che ancora non si sono sottoposte alla somministrazione del vaccino anti Covid.
Si è parlato in più occasioni di elenchi forniti dall’ASP e di gestione di questi contatti.
L’ultimo episodio risale a ieri. Il Garante per la protezione dei dati personali ha inviato una richiesta di informazioni al Commissario ad acta per l’emergenza da Covid 19 di Messina il quale, secondo notizie di stampa, avrebbe consegnato ad alcuni sindaci la lista dei nominativi dei residenti sul loro territorio non ancora vaccinati.
Con la richiesta, indirizzata anche all’Azienda sanitaria provinciale di Messina ed al suo Dpo, il Garante intente verificare se vi sia stata effettivamente la comunicazione dei nominativi ai sindaci in contrasto con quanto previsto dall’ordinanza del Presidente della Regione Siciliana n. 84/2021 che prevede la comunicazione del solo numero dei vaccinati giornalieri.
Tutto questo ovviamente ha generato un ampio dibattito sull’assolutizzare alcuni diritti e sul contestualizzare gli stessi all’interno di un particolare momento storico e di rischio sanitario.
Guardando alle prossime mosse del governo nazionale che prevede il green pass obbligatorio per i dipendenti pubblici e i lavoratori dei settori dove è già previsto per i clienti e che entrerà in vigore ai primi di ottobre, qualche domanda è legittima. Così come i dubbi sull’azione intrapresa dal Garante.
Di certo questa pandemia ha mostrato tutti limiti e le contraddizioni di un sistema che dal dopoguerra è cresciuto tanto lentamente, quanto in modo discontinuo.
Il balbettio di una pubblica amministrazione non ancora avvezza alla digitalizzazione, un sistema sanitario che arranca sul fronte delle competenze e della gestione dei posti letto, una politica fatta di contraddizioni, agenzie del farmaco che appaiono in balia dei flussi di consenso… tutto questo non può che generare il caos di opinione.
Ovviamente bersaglio principale diviene il giornalista, colui che informa. Perché proprio il giornalismo è al centro di una situazione piena di contraddizioni. Non è possibile non raccontare i fatti, non è possibile ignorare i fatti. E all’interno di questi fatti c’è la contraddittorietà di posizioni, di scelte e di mutamenti.
Ciò che occorre che il giornalismo faccia in questo momento è fornire una chiave interpretativa della realtà con tutte le sue contraddizioni, con tutte le sue mancanze, con tutti i suoi vuoti. Sì, perché anche queste contraddizioni, vuoti e mancanze hanno bisogno di essere narrate. Solo in questo modo si può dare al cittadino la possibilità di comprendere lo stato delle cose ed emanciparsi da quelle trappole fatte da ignoranza, superstizioni e pregiudizi che rischiano soltanto di frenare il naturale progresso dell’uomo.