Ho avuto l’opportunità di prendere parte come relatore a un convegno sul cyberbullismo. La platea era composta da oltre duecento studenti. Un banco di prova notevole. Specialmente perché si è fatto riferimento a un fenomeno che si muove in un contesto in profonda evoluzione e cambiamento. Parliamo del web. Un non-luogo per alcuni reati. Non ci sono spazi, né tempi definiti. Ed è lì che è difficile da intercettare un atto di bullismo.
Stamattina l’aula magna “Mario Francese” dell’istituto professionale per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera “Pietro Piazza” sembrava non riuscire a contenere tutti i partecipanti al convegno. Un momento di incontro che è arrivato al termine di un percorso portato avanti con dedizione da specialisti, docenti ed esperti. “Stop Cyberbullismo” è il suo titolo.
Insieme a me, al tavolo dei relatori c’era il tenente dei carabinieri Gianluca Verdolino, comandante del nucleo operativo della Compagnia di Piazza Verdi, Vito Pecoraro, dirigente scolastico dell’istituto Piazza, Iva Marino, psicologa clinica di Comunità, Giuseppe Pedone, dottore in psicologia e criminologo.
Parlare del cyberbullismo è fondamentale per la sicurezza, per la salute mentale e per lo sviluppo sano delle persone nell’era digitale. Dallo stress all’ansia, dalla depressione a pensieri suicidi. Tutto questo può essere generato da un uso improprio dello strumento digitale. Parlarne significa rendere consapevole chi può essere vittima o spettatore. Tre i verbi chiave: riconoscere, affrontare e prevenire.
E’ necessario che i genitori e gli adulti siano consapevoli – entrambi – delle dinamiche online. Promuovere un ambiente digitale rispettoso e solidale è essenziale per garantire che le piattaforme online diventino spazi in cui le persone si sentano al sicuro e rispettate. E la consapevolezza è l’unico strumento che abbiamo per spezzare le catene.