Il titolo di questo post, oltre a essere un hashtag, ha le sembianze di un codice. E, in fondo, lo è. Almeno per la mia vita. #19luglioviadamelio è la sintesi di una grande bugia, una menzogna che da 32 anni risuona come un’eco sorda lungo le strade delle commemorazioni. #19luglioviadamelio è il velo squarciato su una delle ferite più profonde nella storia recente del nostro Paese. #19luglioviadamelio vuol dire ricordare il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. #19luglioviadamelio significa guardare al di là della retorica per cogliere il senso di un tempo di vuoti e di mancate verità.
Anche quest’anno sono andato all’ora dell’eccidio sul luogo della strage. Da cittadino sento l’esigenza dell’esserci. E questo da quando ero ragazzino. Un rito che non ho mai saltato. Quest’anno tra le parole più frequenti che ho sentito nelle testimonianze dei familiari delle vittime e di chi sul palco si è alternato sono state: “Siamo stanchi”, “32 anni, sono troppi anni”, “Ancora cerchiamo verità e giustizia”. E ancora il grido continuo: “Fuori la mafia dallo Stato” che assume la parvenza di un respiro in un corpo che non si arrende alla morte della verità.
Abbiamo attribuito al depistaggio l’alone romantico di “mistero”. Qui in realtà siamo di fronte a un insieme di falsità, lacune e manipolazioni. L’ombra dei servizi segreti è emersa in vari momenti chiave delle indagini. E poi la borsa di Borsellino con la sua preziosa agenda rossa. Connessioni tra mafia e settori dello Stato? Lo sapremo? Lo sappiamo? Dall’inchiesta su Scarantino all’inchiesta su “mafia e appalti” c’è un sottile filo rosso.
La Ricerca della Verità
Disponibili sul sito parlamento.it i resoconti e gli estratti audio di alcune sue audizioni in Commissione antimafia, a partire dal 1984. L’ultima si svolse a Trapani il 21 settembre 1991, pochi mesi prima dell’attentato. Sentite cosa viene detto.