Ho atteso che passasse del tempo affinché quanto visto e vissuto ieri, venerdì 10 maggio, all’interno del teatro dell’Istituto Don Bosco Ranchibile di Palermo, si sedimentasse. Affinché lo stesso tempo potesse essermi utile in un vano tentativo: dissipare le nebbie dell’emotività. Quando vedi qualcosa di bello e che ti conquista rischi sempre di lasciarti andare a forsennate corse nel terreno dei complimenti. Complimenti che, come fuochi d’artificio, alle volte – non sempre – lasciano il tempo che trovano. L’istinto avrebbe voluto l’immediata pubblicazione, a fine spettacolo, di un post sui social per riempire di belle parole Gianpaolo Bellanca e Myriam Leone, la compagnia “Volti dal Kaos” e tutte le maestranze coinvolte nello spettacolo che avevo visto. Ma io volevo andare oltre. Qui, dove sono adesso.
Ieri un’opera teatrale è stata in grado di toccare le corde del cuore e dell’anima, quasi contro la mia volontà. In scena è andata la tragedia «Antigone» di Sofocle ma non nella sua forma originale. Tutto è stato rivisto, reinterpretato, attualizzato: nei tempi e nelle modalità, nella forma e nella lingua.
Il dramma è iniziato per me con un pugno che ho ricevuto in pieno viso. Sì, dopo qualche minuto mi sono ritrovato dentro a una grande opera dei pupi che non mi aspettavo. E’ stato un colpo che mi ha stordito. Spaesato, ho visto crollare ogni mia aspettativa. E, subito dopo, come se non bastasse, sono arrivati gli schiaffi: le “abbanniate” dei “cuntastorie“. Non mi sono reso conto che tutto era diventato improvvisamente e meravigliosamente ipnotico.
La consapevolezza dell’esserci svaniva nello stesso momento in cui mi sono ritrovato diviso tra l’accogliere gli antichi aedi greci e il comprendere i pupari. E ancora il coro. Le danze, i canti, il grido. Ecco, ero finito dentro, contro la mia volontà, a un grande rituale. Una liturgia collettiva in cui i confini del palco, delle quinte e della platea si sono dissolti nella penombra. Ecco perché il battito del mio cuore seguiva l’incedere della metrica greca. Il mio respiro assecondava l’affannoso e disperato “cunto” siciliano. La mia anima si rifletteva in tutto il resto.
Dentro mi è rimasto quell’urlo disperato, quel grido contro tutte le guerre. Di oggi e di sempre. Eccomi, quindi, con il frutto di questa liturgia: una consapevolezza. L’esserci solo nel momento in cui comprendo di “non essere nato per condividere l’odio, ma l’amore”.
Il testo, le scene, le coreografie e le musiche de “L’Opera di Antigone” sono tutte composizioni originali. Oggi alle 20.30, domenica alle 17.30 e domenica 19 maggio alle 17.30 lo spettacolo sarà riproposto. I biglietti, acquistabili in prevendita presso la segreteria del Don Bosco, o direttamente all’ingresso, hanno un costo di otto euro. Il ricavato sarà devoluto a favore delle popolazioni che soffrono per la fame e la guerra.
Ah, dimenticavo: grazie a Volti dal Kaos, a Gianpaolo e Myriam.