Il vento di scirocco al cimitero dei Rotoli di Palermo portava ieri con sé un odore acre e nauseabondo. Un odore che, come un pugno in pieno viso, anticipava la visione di ciò che ci saremmo trovati davanti qualche minuto dopo. Ciò che sembra non essere più un’emergenza ma un fatto legato all’ordinarietà. Parliamo della mancanza di loculi. Di posti in cui dare degna sepoltura ormai a quasi mille persone. Mille. Mille donne e uomini, per cui la preghiera cristiana per la pace delle anime dei defunti si ferma a quel “riposino in pace”. Sì, perché quel riposo per quelle quasi mille persone sembra essere negato. Così come la pace per i familiari e gli amici di chi è morto. Per loro la rabbia per un diritto negato si mischia al dolore della perdita.
Entriamo al cimitero di Palermo
Intorno alle dieci del mattino abbiamo fatto ingresso al cimitero che si trova nella borgata di Vergine Maria. Siamo lì per un reportage. Un servizio andato ieri in onda all’interno del notiziario di Tgs. Poche le persone tra i viali. Chi con un mazzo di fiori, chi con una bottiglia d’acqua. Si cammina velocemente e con la mascherina sulla bocca. E non solo per difendersi dal Covid, ma per attutire quel terribile odore che ieri, anche per via dello scirocco, sembrava essere onnipresente. Abbiamo percorso a piedi poco meno di duecento metri per raggiungere il viale intitolato alla Resurrezione. Qui, quasi come beffa, piuttosto che la speranza di una rinascita ad una vita ultraterrena sembra essere più forte il dolore della morte.
Iniziamo a fare le riprese ma dobbiamo sospendere…
Abbiamo iniziato le riprese e ci siamo trovati davanti ai tendoni in cui, in alcuni tratti, non c’è spazio neanche per entrare. Non è possibile portare un fiore, carezzare la foto del proprio caro defunto. Togliere la polvere e le ragnatele. Sì, ci sono anche quelle che sembrano legare le bare ad un’assurda sorte. Quelle trame fatte da sottilissimi fili sono, insieme alle targhette poste sulle bare con la data della morte, il segno tangibile del tempo trascorso: chi sull’asfalto, chi sulle impalcature in ferro. Per i familiari e gli amici non è possibile far nulla. Si deve stare a distanza. Anche per necessità. L’odore è nauseabondo. Impossibile sostare anche a pochi metri da quei tendoni. Al susseguirsi ininterrotto di nomi e di volti incappiamo anche in quei feretri danneggiati. Da uno in particolare viene fuori quel percolato la cui visione fa male e il cui odore ci travolge. Siamo stati costretti ad uscire e ad allontanarci qualche istante per prendere un po’ d’aria, per quanto possibile.
La gente si avvicina
La nostra presenza con la telecamera viene accolta da tanti come una possibilità, un’opportunità. Quella, ad esempio, di lanciare un appello, “l’ennesimo”, al sindaco Leoluca Orlando. A rivolgerlo è una signora: “Sindaco Orlando – afferma – se è lei la persona interessata, che può fare qualcosa, è a lei che mi rivolgo. Non userò parole offensive. Le parlo da palermitana civilmente affinché lei possa fare, per favore, qualcosa. Si prenda cura dei suoi palermitani. Per favore glielo chiedo sindaco Orlando”. In pochi minuti veniamo raggiunti da altre persone. Nelle loro parole la protesta per una situazione che definiscono inaccettabile, nei loro occhi il dolore. “Non danno più la possibilità di potere piangere il proprio caro – afferma un giovane -. Arrivi al cimitero e ti accorgi che c’è una situazione incredibile. Non si trova neanche il posto per potere mettere la bara per terra”. Accanto un uomo sottolinea: “Sono buttati così… chi arriva prima si sistema e poi… si vedrà”. Un’anziana ripete ininterrottamente: “Questa non è civiltà, questa non è civiltà. Dove è finito il senso civico, il rispetto umano?”. Poco più in là un’altra signora sottolinea il dolore dei familiari: “Siamo impossibilitati a deporre un fiore sulla tomba del nostro caro. Come è possibile che tutto questo avvenga?”.
Quella ripresa impossibile
Intanto all’interno di quei tendoni una donna percorre lo stretto corridoio fin dove è possibile arrivare. Fin dove altre bare chiudono il passaggio. Cerca suo marito. Non lo trova e si sente confusa, persa. Ultimiamo le riprese con uno zoom che possa prendere tutta la lunga fila di feretri. Ma l’ottica della camera non arriva a coprire tutto il campo. E non per limiti tecnici. Ma perché quella fila è lunga, sembra infinita. Dolorosamente infinita. Come l’odore che ci ha avvolto e che sembra essere rimasto impresso nella memoria. La memoria del dolore della morte e di una sepoltura negata al cimitero di Palermo.