Viviamo in un’epoca in cui la reperibilità è diventato un dovere, ma è tempo di riaffermare un diritto fondamentale: il diritto alla disconnessione.
La reperibilità costante è spesso percepita come un obbligo sociale e professionale, trasformandosi quasi in una misura del nostro valore e della nostra dedizione. Intanto, in questo modo, i confini tra vita privata e pubblica si assottigliano sempre più, con notifiche che invadono ogni momento della giornata e la pressione implicita di essere sempre disponibili.
C’è, per fortuna, sempre il tempo di riaffermare un diritto fondamentale: il diritto alla disconnessione. Non si tratta solo di spegnere un dispositivo, ma di rivendicare spazi di autentica libertà, dove possiamo ritrovare il tempo per noi stessi, per pensare, creare, e vivere il presente senza l’interruzione incessante del digitale. È un gesto di ribellione? Probabilmente sì. Lo è contro una società che ci vuole sempre connessi.
Il diritto alla disconnessione è, in fondo, un passo verso una vita più equilibrata, dove possiamo scegliere consapevolmente quando essere raggiungibili e quando, invece, dedicarci al silenzio, alla riflessione, o semplicemente al vivere senza interferenze. Una società che valorizza la disconnessione non è meno produttiva, ma più umana: riconosce che il valore di una persona non risiede nella sua accessibilità, ma nella sua capacità di essere presente, autentica, e serena.
In questo senso, da tempo ormai, ho silenziato le notifiche di WhatsApp e di Telegram, e sì, sto conducendo una personale battaglia contro le note vocali.
Perché? Il motivo è presto detto: le considero uno strumento nefasto, una forma di “violenza digitale” che impone a chi le riceve un ascolto obbligato. Un’interruzione forzata.
Credo fermamente che il rispetto dei confini personali sia un atto di civiltà, tanto nella vita reale quanto in quella digitale. Non è questione di pigrizia o intolleranza, ma di riconquistare il controllo sul proprio tempo e sulle proprie energie.
Per me il silenzio delle notifiche e la scelta di privilegiare messaggi scritti sono atti concreti verso un maggiore equilibrio.