Dal 19 dicembre, il mondo del giornalismo vive una condizione di sospensione, una sorta di apnea collettiva. La collega Cecilia Sala si trova detenuta nel carcere di Evin a Teheran, uno dei luoghi tristemente noti per le condizioni inumane in cui vengono trattenuti i prigionieri.
Ad oggi nessuno conosce con certezza il motivo del suo arresto e della sua detenzione. Cecilia rappresenta l’essenza di un’informazione libera, indipendente e sul campo, una rarità in un’epoca in cui il giornalismo si sta progressivamente svuotando della sua vocazione originale. In un panorama mediatico dove proliferano i cosiddetti “culi di pietra” – coloro che non si affacciano nemmeno alla finestra per comprendere ciò che accade nel mondo – Cecilia ha scelto la strada più difficile e rischiosa: quella del giornalismo di frontiera. Essere sul campo significa affrontare pericoli reali, vivere situazioni precarie e incontrare persone in carne e ossa, toccare con mano le tragedie e le speranze di chi è al centro degli eventi. Cecilia Sala ha incarnato tutto questo, scegliendo di raccontare la verità con onestà e passione, anche a costo di mettere in discussione la sua stessa sicurezza.
In queste ore il silenzio attorno alla vicenda di Cecilia è una scelta consapevole e necessaria. La diplomazia italiana, guidata dall’ambasciatrice Paola Amadei, sta lavorando per garantire la sua sicurezza e ottenere il suo rilascio. In un contesto delicato come quello iraniano, dove la tensione politica e sociale è sempre alta, la discrezione è essenziale per non compromettere gli sforzi in corso.
È naturale che l’opinione pubblica voglia sapere di più, che i colleghi e i cittadini si sentano coinvolti emotivamente in una vicenda che tocca uno dei pilastri della democrazia. Ma è altrettanto importante evitare speculazioni e clamori inutili che potrebbero complicare una situazione già estremamente fragile.
Questa vicenda, tuttavia, non deve restare confinata all’ambito italiano. È un caso che interroga la comunità internazionale. Nel frattempo il nostro compito è chiaro: rispettare il lavoro della diplomazia, evitare inutili speculazioni e continuare a difendere con fermezza i principi di libertà, giustizia e verità che Cecilia ha sempre rappresentato con il suo lavoro.
Il ministero degli Affari Esteri ha, intanto, reso noto che la giornalista italiana Cecilia Sala, in Iran per svolgere servizi giornalistici, è stata fermata il 19 dicembre scorso dalle autorità di polizia di Teheran.
Su disposizione del Ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, l’Ambasciata e il Consolato d’Italia a Teheran stanno seguendo il caso con la massima attenzione sin dal suo inizio. In coordinamento con la Presidenza del Consiglio, la Farnesina ha lavorato con le autorità iraniane per chiarire la situazione legale di Cecilia Sala e per verificare le condizioni della sua detenzione. Oggi l’ambasciatrice d’Italia Paola Amadei ha effettuato una visita consolare per verificare le condizioni e lo stato di detenzione della dottoressa Sala. La famiglia è stata informata dai risultati della visita consolare. In precedenza la dottoressa Sala aveva avuto la possibilità di effettuare due telefonate con i parenti.
In accordo con i genitori della giornalista, la Farnesina invita alla massima discrezione la stampa per agevolare una veloce e positiva risoluzione della vicenda.