Altro che riflessione e raccoglimento. Qui siamo arrivati alle scommesse, al Toto Papi, al delirio. La scomparsa di Papa Francesco, se da una parte ha segnato la fine del suo pontificato, dall’altra parte è nei fatti l’inizio di un’era complessa per la Chiesa cattolica.
Come ho già sottolineato nei post precedenti, una cultura sempre più incline all’improvvisazione ha favorito la proliferazione di teorie e complotti. Complici sono i social media e la velocità di trasmissione dei contenuti. E poco si può fare. Come scrisse l’irlandese Jonathan Swift: la falsità spicca il volo e la verità la segue zoppicando.
Adesso, visto che al peggio non c’è mai fine, l’attenzione si sposta sulla sede vacante e, quindi, sul futuro Conclave. Tradizionalmente, l’elezione di un nuovo Papa è un processo solenne e riservato, guidato dalla preghiera e dalla riflessione dei cardinali elettori. Sicuramente poggiato anche su equilibri e visioni terrene.
Tuttavia, l’era digitale punta a scardinare anche questo momento. La rete ci ha illuso di avere potere su tutto. Di poter persino varcare le soglie della Cappella Sistina per dire la propria. Di sbirciare dal buco della serratura di quella porta chiusa dopo il solenne «Extra Omnes».
Ed è così che il conclave viene «sporcato» da scommesse, pronostici e analisi improvvisate che spesso sfiorano il ridicolo. La tendenza a improvvisarsi esperti vaticanisti è sintomatica della cultura del nostro tempo che privilegia l’opinione personale alla conoscenza approfondita.
Quanti conoscono le complesse dinamiche ecclesiastiche o le encicliche papali? È facile lanciarsi in previsioni sensazionalistiche, contribuendo al processo di banalizzazione della realtà. La morte del Papa, come quella di ogni essere vivente, dovrebbe darà forza al valore del silenzio e della contemplazione. Noi abbiamo visto come la tentazione del protagonismo digitale abbia preso il sopravvento. Non sono mancati, per esempio, i selfie e le live davanti alla bara del Pontefice.
Viviamo sommersi da un’onda incessante di stimoli digitali che ci illude di essere sempre informati, connessi e pronti. Forse dovremmo avere il coraggio di provocare un volontario blackout digitale per tuffarci nel silenzio analogico. In quello stesso silenzio, ormai raro, in cui il pensiero prende quota, ritrova profondità e senso. Un gesto che ci riconduce a noi stessi, riattiva l’intuito, restituisce alla mente e al cuore lo spazio necessario per vedere, davvero, cosa c’è dentro e attorno.
Immagine realizzata con ChatGpt