Totò Schillaci è morto. E’ morto nella città in un cui è nato e che ha sempre amato, Palermo. Una città che lo ha anche deriso. Apertamente e senza rossore sul volto. Dai salotti della Palermo “bene” ai pulpiti di sedicenti fari culturali su una città definita allo sbando, è sempre apparso il ghigno sui volti di chi si sente di detenere verità e senso di giustizia. Ricordo come venivano commentate le diverse esternazioni dell’eroe di Italia ’90. Faceva comodo, Totò. E c’erano coloro che si prendevano gioco di lui, pensando che non cogliesse, immaginando di risultare lucidi e geniali. Misera genia… che si è fatta grande su chi veniva ritenuto un nano. Ma Totò ha dimostrato di essere un gigante.
Al parlottare di tanti ha contrapposto i fatti. Lui, “Fifa Legend”, nonostante la notorietà a livello internazionale, è tornato nella sua città, nella sua periferia per dare una possibilità a chi chance ne ha poche. Ha portato un campo di calcio e un pallone ai piedi, perché anche da questo può partire il riscatto. Così come è stato per lui.
Totò non è soltanto l’eroe degli anni Novanta, di quei mondiali che ci hanno sognare. No, Totò è molto di più. E’ il simbolo del fare, dell’esserci, del comprendere. Dell’empatia. Schillaci, come ha detto il caro Beppe Accardi nel corso della trasmissione che ho condotto ieri su Tgs, andrebbe studiato. E il suo esempio andrebbe trasferito alle nuove generazioni, deboli e senza motivazioni.
L’ultimo incontro con Totò Schillaci
L’ultima volta che ho abbracciato Schillaci risale allo scorso dicembre al Teatro Savio di via Evangelista Di Blasi. In quella occasione ho moderato un incontro in cui è stato presentato un progetto sportivo destinato ai giovani. Testimonial del progetto era Totò Schillaci. Nonostante non stesse già bene, era presente per portare il suo esempio, il sogno che ha sempre coltivato nel suo cuore e l’impegno per raggiungerlo. Anche in quella occasione ho visto e toccato con mano la profonda e alta umanità di Totò. In quelle due ore trascorse insieme è stato sempre disponibile con i ragazzi dell’oratorio, sempre attento a non lasciare indietro nessuno. Non ha negato una foto e non si è tirato mai indietro da un abbraccio. La sua testimonianza di vita è stata luce sui percorsi di vita di tanti ragazzi.
Schillaci ha incarnato lo spirito di un intero paese, ha trascinato diverse generazioni e ha dato loro una possibilità di riscatto e di rivalsa. Totò ci lascia il suo talento, la sua capacità di esserci per tutti e di emozionare. Anche oggi che la città, e non solo, gli rende omaggio nel luogo in cui sarebbe voluto entrare da vivo. Chi lo ha conosciuto sa quanto tenesse alla maglia rosanero. Maglia che non ha potuto indossare. Eppure la camera ardente è stata allestita proprio all’interno dello stadio di Palermo, il Renzo Barbera. Questa è la chiusura di un ciclo in una città, Palermo, che nutre gli stranieri e divora i suoi figli.