Greta Thunberg desta in chi l’ascolta sospetti, entusiasmo, voglia di lottare, rabbia ma anche
idiozia. Riesce a far venir fuori da chi l’ascolta reazioni molto stridenti tra loro.
Tra i molti colti e i pochi idioti, non posso che ammettere e comprendere i legittimi dubbi su un fenomeno mediatico che – in quanto tale – può celare inganni. Ma non mi è possibile concedere – anche in presenza dell’articolo 21 della Costituzione – che vi siano titoli di giornali e reazioni web che sono specchio di una idiozia diffusa e dilagante. Un fatto è la libera espressione e il diritto alla critica, un altro fatto è il turpiloquio e l’offesa.
Al netto di tutto questo, penso che dovremmo per principio essere dalla parte di Greta. Sostenere una lotta per la difesa di questo pianeta è un imperativo categorico per questa genia che condivide spazi che dovrà lasciare in eredità a chi verrà dopo.
Ma penso anche all’attenzione riservata dai potenti alle politiche ambientali nei Paesi dell’estremo oriente e in quelli africani. Se ci rifacciamo ai numeri, la demografia dell’Europa al 2010, secondo dati dell’ONU, contava circa 738.200.000 abitanti entro i confini geografici del continente, ovvero l’11% della popolazione mondiale. Ora immaginiamo quanto può produrre questo 11 per cento sensibilizzato e quanto il resto del mondo.
Abbiamo esportato all’estero sottosviluppo e fagocitato risorse per il nostro sviluppo. Finché non ci saranno progresso e pari opportunità in tutto il mondo, a noi non resterà che sbandierare l’abbandono degli inquinanti. Rimarremo così sorridenti, mentre il livello dei mari si innalza, con un best seller tra le mani, sommersi dalla plastica galleggiante e dalla fame di conoscenza in arrivo dal terzo mondo. Una fame che finirà con il divorare ogni possibilità di sviluppo.